La guerra delle salamandre

Titolo: La guerra delle salamandre
Autore: Karel Capek 
Anno: 1936
Genere: Romanzo, satira, fantascienza
Pagine: 240

Trama

È per merito del capitano Van Toch che l’uomo sia entrato in contatto con le Salamandre. L’incontro fra il capitano e le creature avviene nella Baia del Diavolo, così denominata dagli abitanti perché sembra essere infestata da “diavoli”. Il temerario capitano non si lascia spaventare e, pur di raccogliere le preziose perle di cui è ricca la baia, sfida i cosiddetti diavoli e…fa amicizia con loro. Le creature si rivelano essere una specie di salamandre antropomorfe, molto miti e socievoli. Il capitano Van Toch non solo socializza con loro, insegnandogli alcune parole, ma contribuisce enormemente all’evoluzione e alla salvaguardia della loro specie, fornendogli i mezzi per combattere contro i pescecani, nemici naturali delle salamandre. Ma, come sempre, l’uomo ha trovato anche stavolta il modo di trarre profitto da questa nuova scoperta, sfruttando le salamandre e sconvolgendo gli equilibri del naturali e politici del pianeta.


Per me questo libro rappresenta uno specchio per la civiltà umana. Sottolinea in modo spietato le principali caratteristiche che ci contraddistinguono: la stupidità, la vanità, l’ingordigia…

È proprio grazie a queste innate “qualità” che l’uomo rovina quella che avrebbe potuto essere una pacifica, meravigliosa convivenza fra abitanti della terra e abitanti del mare.

La satira di Capek permea il libro nella sua interezza, aleggiando con discrezione ma anche con forza in ogni capitolo. Il particolare contesto storico-politico del 1936 si fonde con la fantascienza, creando qualcosa di estremamente reale e attuale (lo stesso autore infatti rifiuta di associare il genere utopistico alla sua opera).

Le salamandre, nonostante siano animali allo stato brado, si dimostrano subito molto intelligenti e riescono infatti a evolversi in tutti i sensi: imparando a difendersi aumentano di numero e, grazie all’aiuto del capitano, riescono ad imparare rapidamente a leggere, scrivere parlare. Come reagisce l’uomo, scoprendo di non essere l’unico essere “intelligente” ad abitare la terra? Innanzitutto lo stupore e l’incredulità sono i primi, comprensibili sentimenti che scorgiamo nella popolazione mondiale. In un secondo momento la brama di denaro e potere prendono il sopravvento: inizia lo sfruttamento di questi animali, ad opera dello stesso Van Toch, che però dimostra un sincero affetto paterno verso i suoi Tapa-boys. Le salamandre iniziano ad essere coltivate e utilizzate per effettuare lavori sottomarini, impossibili da realizzare per l’uomo. La situazione però degenera in fretta, per motivi che risultano quasi ovvi: una sorta di “razzismo” verso queste creature si diffonde fra gli uomini, mentre le salamandre continuano sempre più a prendere coscienza della loro posizione e della loro importanza per l’uomo.

Non proseguo nel parlare del contenuto per non rovinarvi la lettura. Parlerò invece della “forma” del libro, o meglio della sua leggibilità. Lo stile è molto simpatico, umoristico al punto giusto. A circa metà libro l’autore si perde un po’, a mio parere, nel descrivere le questioni politiche createsi in modo fin troppo pedante e minuzioso. Probabilmente questo mio giudizio è influenzato dal fatto che non seguo né mi interesso di politica (lo so, è sbagliato, ma la trovo terribilmente noiosa…). La prima metà del libro e il finale risultano invece molto scorrevoli.

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